Intervistare Paolo Casadio è per me una grande emozione!
L’ho conosciuto la prima volta nel 2016, durante il Premio Letterario Massarosa che ha meritatamente vinto con il suo romanzo “La Quarta estate” (Piemme Edizioni).
Parlare con Paolo è un po’ come prendere un caffè con un vecchio amico. 🙂
Spiegaci in poche parole chi sei, dove vivi, cosa fai e che posto ha la scrittura nella tua vita?
Vivo a Ravenna, dove svolgo il non entusiasmante lavoro di geometra.
Ho iniziato la scrittura in un luglio afoso del 2005, dopo aver ritrovato una macchina per scrivere Olivetti 32.
A quel primo manoscritto, custodito in un cassetto – e lì resterà – presto ne sono seguiti altri. La scrittura, con il tempo è diventata la mia attività più amata e ha contribuito a dare una risposta alla domanda “chi sono”: una persona che soltanto all’età di 60 anni ha capito cosa vuol fare da grande.
Parlaci del tuo ultimo libro. Qual è il titolo, di cosa tratta, come è nato.
Dopo il mio romanzo d’esordio “La quarta estate”, con il quale ho vinto il XVI Premio Lettrario Massarosa, è uscito da pochi giorni il secondo, dal titolo “Il bambino del treno”, anche questo edito da Piemme.
Ha una genesi piuttosto singolare: navigando in un sito di curiosità ferroviarie ho scoperto una stazione sperduta e la storia di un bambino nato nel 1949 proprio in quel luogo.
Erano poche pagine ma c’era un mondo perduto, e di quel mondo mi sono innamorato. I libri nascono così, da un amore, da una fascinazione che si pianta in testa.
Ho cominciato le ricerche storiche – il libro si svolge dal 1935 al 1943 nella isolata stazione di Fornello in provincia di Firenze, lungo la linea ferroviaria Firenze-Faenza – che costituiscono il “telaio” del romanzo, l’impalcato autentico dove si muovono i personaggi immaginari.
La lettura dei quotidiani d’epoca mi ha fornito parecchi spunti per questa storia che narra la nascita di un bambino in quella sperduta stazione, la sua crescita in un mondo immobile, protetto e sicuro, gli stridori della guerra dapprima lontana, le leggi razziali del 1938, l’arrivo in una fredda serata del dicembre 1943 di un treno diverso dagli altri: un treno che trasporta deportati. E una bellissima bambina.
Come hai conosciuto la casa editrice che ti ha pubblicato ?
Per un combinato fortuito di eventi. Il manoscritto del primo romanzo è stato letto da Giovanni Pacchiano, allora consulente letterario di Piemme, è piaciuto, è stato proposto e accettato.
Qual è stato il percorso che ti ha permesso di pubblicare il tuo libro?
Un percorso di assoluta pazienza. Prima di approdare a Piemme avevo contattato alcune case editrici locali, per scoprire che mi avrebbero pubblicato solo “a pagamento”, senza offrire servizi indispensabili come l’editing e la distribuzione. Ho naturalmente rifiutato. Poi l’incontro con una giornalista del Palaexpo, il suo entusiasmo per il testo, il suo interessamento. Questa giornalista si chiama Barbara Notaro Dietrich, ed è grazie alla sua fiducia sulla bontà del testo che “La quarta estate” ha potuto essere presa in considerazione da una grande casa editrice.
Utilizzo prevalentemente Facebook, che mi permette di avere un rapporto diretto con i miei lettori (cosa che mi piace tantissimo). Confesso però, per ragioni anagrafiche – non sono nativo “social” – di non saper padroneggiare in pieno tutti gli infernali meccanismi di questa piattaforma, e spesso combino qualche pasticcio, mio malgrado. Però ho un’amica assai abile (una “smanettona”) che mi assiste nei momenti di crisi.
Questo libro è una parentesi della tua vita oppure stai già pensando di scrivere altri romanzi ?
Mi piace troppo scrivere, creare storie, far ricerca, esplorare, curiosare, immedesimarmi in vite altrui. Mi piace troppo sognare, decidere di destini, viaggiare… No, non è una parentesi. Al momento sto scrivendo il terzo romanzo e sto già almanaccando sul quarto.
Quali sono le difficoltà più grandi che hai incontrato (e che stai incontrando) nella promozione del tuo libro?
Il fatto che il mondo letterario è appunto un mondo, e farne parte semplifica le cose, capitalizza i contatti giusti, crea il meccanismo a catena delle presentazioni, dell’interesse. Io sono un geometra di provincia – sostanzialmente uno sconosciuto – e la strada per me è più in salita. Però persevero!
Suggerimenti per chi vuole pubblicare il suo primo libro ?
Innanzitutto aver fiducia in se stessi e, insieme, una buona dose di umiltà. Proporsi nei concorsi per inediti è un ottimo primo passo. Affidarsi a un’agenzia per la valutazione del manoscritto, far tesoro delle critiche che si ricevono – soprattutto da un editor – il secondo.
Il tuo libro/autore preferito ?
Sono tanti! Un breve e non esaustivo elenco vedrebbe Mario Rigoni Stern, Hans Hellmut Kirst, Frederick Durrenmatt, Italo Calvino, Achille Campanile, Francesco Serantini, Aaron Appelfeld, Raffaello Baldini, Clara Sereni e, sopra tutti, Georges Simenon. E il libro preferito è sempre quello che sto leggendo…
Devo dire che questo libro mi ha incuriosito. Sopratutto per il fatto che sei tu a suggerirlo. E ho capito perchè. Anche io sono sempre alla ricerca di libri ambientati nella zona che seguo, Bergamo. Perchè trovo bellissimo leggere un testo e riuscire ad ambientarlo nei luoghi che conosco.
Interessante anche la storia dell’autore. Non è giovanissimo e sapere che c’è speranza anche per chi ha superato i 40 di pubblicare finalmente un libro, mi fa sorridere il cuore.
Grazie, cara Raffi! Magari fosse “superato i 40”: qui occorre aggiungere un carico da venti 🙂
Mi sono piaciute molto le domande dell’intervista perché ci sono cose che mi chiedo anch’io. E lui mi ha fatto una buona impressione fin dalle prime righe in cui definisce il suo lavoro di geometra entusiasmante. 🙂
Grazie Sara. ?
“Non” entusiasmante, cara Sara. E, a dirla tutta, ho scontato un errore di gioventù: quello di seguire gli amici anche nella
scelta della scuola.